(sezione scritta in collaborazione con Donatella Capizzi)
Il pellegrinaggio nel medioevo rappresentò un vero e proprio fenomeno di massa. Favorendo gli scambi ed i contatti fra persone di diversa provenienza, esso influì profondamente sulla società dell’epoca, sotto il profilo economico, religioso e culturale.
A questa influenza non poté rimanere estranea la musica, allora veicolo naturale di trasmissione della cultura, quella sacra come quella profana. Passando da un santuario all’altro, i pellegrini imparavano e diffondevano nuovi canti e nuovi modi di cantare; la tradizione biblica dei “canti dei pellegrini” (così sono definiti i salmi 120-134, destinati ai pellegrini per l’ascesa al Tempio di Gerusalemme in occasione delle feste principali), era imitata e ripresa in canti da intonare lungo la via al santuario. Il pellegrinaggio era anche occasione sociale e di festa e come tale offriva lo spunto a canti profani e danze.
Il Camino di Santiago in particolare favorì lo sviluppo di una tradizione musicale, legata al culto di San Giacomo ed al pellegrinaggio, che comprendeva canti devozionali e liturgici, celebrazioni di eventi miracolosi, canti di viaggio e danze sacre.
I più importanti manoscritti fra quelli che raccolgono questo genere di composizioni sono il Codex Calixtinus ed il Llibre Vermell.
Il Codex Calixtinus fu copiato secondo alcuni tra il 1137 e il 1140, secondo altri attorno al 1173. Il manoscritto, probabilmente originario della Borgogna o della Francia settentrionale, raggiunse la Spagna in occasione di un pellegrinaggio ed è tuttora conservato nella Biblioteca della Cattedrale di Santiago. Questo manoscritto – famoso perché contiene la prima “guida del pellegrino” – è una delle fonti più antiche per la polifonia a due voci, di cui offre venti composizioni, contenute nel primo e nel quinto dei libri che lo compongono.
Mentre la maggior parte delle composizioni del Medioevo è pervenuta anonima, quelle contenute nel Codice, particolarmente quelle d’uso liturgico, si segnalano per essere accompagnate dai nomi dei rispettivi autori: arcivescovi e vescovi francesi le cui attribuzioni sono peraltro da alcuni considerate apocrife. Nei brani del Codex Calixtinus è possibile cogliere l’evoluzione delle vecchie strutture musicali, ora arricchite dal canto, mentre vengono introdotti testi (tropi) nel Kyrie che possono essere interpretati a due voci e le sequenze dei modelli tradizionali sono poste in polifonia. In aggiunta ai consueti canti liturgici per la festa di S. Giacomo, il manoscritto annovera una quantità di inni di pellegrini e musiche di pellegrinaggio. Esso costituisce quindi ancora oggi la base ed il principale punto di riferimento delle registrazioni dedicate alla musica del pellegrinaggio.
Scritto da almeno due copisti tra la fine del XIV e i primi anni del XV secolo, il Llibre Vermell (libro vermiglio), così denominato per il colore del suo foglio di guardia, risponde ad una esigenza peculiare del monastero di Montserrat, dove è stato rinvenuto ed è tuttora conservato: la necessità di disciplinare il comportamento dei pellegrini di passaggio per il monastero per venerare la statua della Vergine Nera. Accanto ad una serie di norme di condotta, esso contiene anche una piccola collezione musicale di dieci brani, destinati ad essere cantati e ballati dai pellegrini, fra cui la prima opera conosciuta di polifonia in lingua volgare, e precisamente in catalano. Alcune annotazioni sul manoscritto fanno riferimento ad esecuzioni che riportano a danze corali in circolo, ovvero “ronde”, ciò che costituisce un esempio, rarissimo, di “danza sacra”. Dei dieci brani, nove sono dedicati alla Vergine, mentre l’ultimo, “ad mortem festinamus”, è una danza dedicata alla morte.
La ripresa del pellegrinaggio a Santiago negli anni ’80 ha indotto una produzione di musica e di canti legati al Cammino. A questo tema dedico una pagina di approfondimento.